Intervista sul Sinodo per la rivista
Francesco il Volto secolare.
1. Qual è stata la novità di questo sinodo per quanto riguarda l’atmosfera tra voi padri sinodali?
Sin dall’inizio, l’impostazione del Sinodo ha favorito un clima di serenità che ci ha permesso di lavorare bene, nella consapevolezza di essere al servizio della verità, senza presunzione di già possederla ma con l’umiltà che una vera ricerca suppone. Perciò, a dispetto di quanto il gossip giornalistico di questi giorni ha voluto diffondere, ritengo che solo noi che vi abbiamo preso parte possiamo esprimere una vera valutazione su come si è lavorato. Un clima sereno non è dato dalla mancanza di divergenze nelle opinioni, ma dalla capacità di dibattere serenamente con la consapevolezza che ciò che unisce può far giungere più facilmente ad una chiarezza su ciò che ancora richiede tempo per essere definito.
2. Secondo lei le coppie di coniugi, presenti al sinodo, quale contributo hanno reso?
È stata veramente importante la presenza delle coppie al sinodo; e ciò non tanto per le loro belle testimonianze di fede e di vita concreta, quanto piuttosto per il fatto stesso che erano lì. In fondo, era un sinodo sulla famiglia! Un Sinodo è un evento importante per la vita della Chiesa: è luogo dove lo Spirito fa sentire la sua voce e richiede capacità di ascolto e disponibilità a rimettersi in discussione perché la Parola di Dio trovi modi sempre nuovi per essere attuata. Perciò la presenza delle coppie di sposi al Sinodo l’abbiamo considerata appunto come il giusto ascolto che va dato allo Spirito. Se poi le loro testimonianze abbiano in qualche modo influito sui dibattimenti dei Padri sinodali, questo lo può dire solo ciascuno dei Padri nella sua coscienza. Ciò che importa è che si sia data voce ai diretti interessati, anche se, ovviamente, si trattava solo di una rappresentanza.
3. Quali sono le novità più importanti del Sinodo in tema della Famiglia?
Credo sia ancora prematuro parlare di novità del Sinodo. Quel che abbiamo vissuto in questi giorni è solo una parte di un lavoro che proseguirà per tutto l’anno e che si concluderà nel Sinodo ordinario del 2015, cui seguirà un documento pontificio sul tema. Questa metodologia di per sé già rappresenta una novità. Sicuramente, poi, il coinvolgimento diretto del S. Padre, i resoconti quotidiani ai media e i feedback che ne sono seguiti hanno determinato questo Sinodo come un vero evento ecclesiale e non solo come l’impegno di un certo numero di addetti ai lavori.
4. Il rapporto tra omosessuali e comunità cristiana come deve cambiare?
Ci tengo a precisare che questo era un Sinodo sulla famiglia e che affrontare temi “caldi” è stato solo un aspetto dei nostri lavori. L’impressione generale è che si sia ingenerata un’aspettativa univoca attorno alle situazioni problematiche dimenticando che la famiglia non è solo problematicità, ma anche un valore in sé. Detto ciò, in merito al rapporto tra comunità cristiana e persone omosessuali c’è poco da aggiungere a quanto è stato già detto più volte e ripetuto in diversi contesti, oltre che dallo stesso Sinodo. Parliamo di persone e come tali vanno considerate, nella loro ricchezza e singolarità! Non sono degli scomunicati. Pertanto, la comunità cristiana ha il dovere di essere sempre accogliente e rispettosa nei confronti di tutti e di farsi carico dell’accompagnamento di ogni suo membro nel cammino di fede e di vita concreta.
5. Il percorso dei divorziati risposati quale caratteristiche deve avere per i padri sinodali?
Anche questo è un tema affrontato dal Sinodo e attorno al quale si sono avute molte proposte e si sono valutate molte idee. Sì, si è parlato anche di “percorsi” per i divorziati risposati, ma, come dicevo prima, non c’è ancora nulla di definito e dovremo aspettare il prossimo anno perché ci vuole il tempo necessario per riflettere, pregare e lasciarsi illuminare dallo Spirito. Nulla, perciò, è escluso a priori. Il nostro compito è quello di essere obbedienti a quanto lo Spirito ci dirà.
6. Nella sua Albania quali le ombre e le luci della famiglia?
Nella mia relazione al Sinodo sulla situazione albanese ho detto che la famiglia è un valore importantissimo ed imprescindibile. L’idea del matrimonio che ha l’albanese, a qualunque fede appartenga, è molto in linea con gli insegnamenti della Chiesa in merito. Anche quando la fede è stata messa a dura prova dalla dittatura comunista, la famiglia è stato l’unico ambito in cui si è continuato a pregare e a mantenere vive le tradizioni religiose, sebbene di nascosto. Tant’è vero che, con la proclamazione dell’ateismo di stato, proprio la famiglia fu oggetto di distruzione da parte della dittatura, minandola al suo interno e favorendo clima di sospetto e sfiducia reciproca. Le ombre che posso registrare sono quelle della mentalità divorzista introdotta dal comunismo, come anche la pratica diffusa dell’aborto. C’è ancora molto da fare per risollevare la condizione femminile, praticamente di sottomissione, e i problemi legati alla costituzione di famiglie mediante matrimoni combinati. Infine, anche in Albania si sta diffondendo la mentalità occidentale che, come sappiamo, porta con sé anche serie conseguenze per la famiglia intesa cristianamente.
7. La chiesa in Albania, dopo la recente visita di Papa Francesco, quale cammino si trova davanti?
Il viaggio apostolico di sua Santità ha lasciato un segno che difficilmente la Chiesa albanese, ma anche l’intera popolazione, dimenticherà. Un solo giorno di presenza significativa che ha smosso le masse e ha offerto motivi di seria riflessione! Chiaramente il nostro primo compito di comunità cristiana è quello di non lasciar cadere in fretta gli stimoli che papa Francesco ci ha offerto: ci ha invitati a volare alto e noi lo faremo sia per la nostra vita di fede che per l’impegno a supporto di un “volare alto” sociale. Poi i suoi gesti, le sue scelte di incontrare determinate categorie di persone non lasciano dubbi sul tipo di atteggiamenti da assumere: il dialogo con le altre fedi e l’attenzione agli ultimi, come anche la cura di noi stessi come cristiani, consacrati e sacerdoti determinano le priorità cui siamo chiamati.